Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

Quello che non ho

On: 16 Luglio 2012
In: sproloqui
Views: 5750
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libro e block-notes in spiaggiaA volte leggo delle cose in giro e penso che io, delle cose così, non le so mica scrivere. Per inabilità, per mancanza di originalità, per buonismo o educazione. Per finta dabbenaggine, anche. Non ne sono capace.
Perché magari ci sono dentro troppi giudizi affilati, troppe parolacce, troppo crudo realismo, troppo di tutto che scontenta qualcuno. Sono cose scritte pane al pane che mi piace tanto leggere, ma che non so raccontare. Forse fatico persino a pensarle, certe cose. Perché c’è dietro quell’intelligenza tagliente, anzi vivisezionante, che probabilmente non posseggo. Quella malizia che non mi è mai appartenuta, nemmeno da ragazzina, quando facevo tanto la frivola al punto che più d’uno mi ha chiesto Ma ci sei o ci fai.

(Il bello di me, però, questo me lo devo, è che non me ne è mai importato nulla. Di esibire il mio QI, di far vedere come –non- sono seria e ragionevole. Ecco. Non mi sono mai sentita di dover dimostrare niente a nessuno).

Però me lo chiedevano, se fingevo o se davvero ero così vanesia, distratta e stravagante come traspariva in certi momenti, magari dopo un party a base alcoolica, per dire. Ma io sempre sono stata come mi pareva, e questo mi piace. Poi certo no, magari a un colloquio di lavoro tiravo fuori la maschera seria, ovvio. Questi sono i compromessi del campare vivere moderno.

Dicevo che scrivere certe cose non mi riesce. Quelle che definiscono con certezza, che danno giudizi insindacabili, ad esempio. Con prese di posizioni assolute. Forse è nel mio modo di essere, lasciare uno spazio aperto ai dubbi. Forse è un trucco per evitare l’incoerenza, chissà. Però mi ci ritrovo, in quei punti di domanda che dissemino tra i fogli. Mi sembra che se ripasso di lì quando sono cambiata un po’ non mi tocca stracciare tutto. E scopro che in quei puntini di sospensione buttati lì tre a tre ho ancora tante cose da metterci dentro.

Non sono abile nemmeno a scrivere cose scomode, e quello è un peccato. Vorrei essere capace, per esempio, di dire quanto mi fa schifo una malattia o certe strade che prende la vecchiaia. Non riesco, o almeno non senza poi buttare lì una parola di conforto o di speranza. Una parola che vuole recuperare almeno un po’, che vuole far stare tranquilli tutti, per prima me stessa, anche quando è chiaro che non si può.

Non sarò mai Charles Bukowski, ma nemmeno qualcosa che lontanamente gli somigli. Non solo perché, come è evidente, mi manca il talento (brava lei, hai detto niente) ma anche perché non possiedo quella capacità di pochi di chiamare le cose con il loro nome, senza girarci troppo attorno per evitare di spogliare brutalmente le realtà più scomode e dissacranti. Come fa Chuck Palahniuk che non si tira indietro se deve spiegarci che ci stiamo tutti autodecomponendo, per esempio. O non potrei elaborare trame come quelle di Jeffrey Eugenides che ti scavano dentro facendo stridere tutti i tuoi propositi di leggerezza.
Mi mancano le parole quelle sanguinanti, pulsanti tra le mani, che ti raggiungono e ti scavano dentro come la più acuminata delle paure. O quelle dritte e appuntite, spregiudicate, disincantate, purificate da ogni velleità di sedurre.

Anche quando ho in gola quell’ovosodo che non va ne su né giù, mica lo so raccontare come mi sento. Mica mi so incazzare come vorrei. Batto i pugni, metto la musica a tutto volume e dopo mi è passato. Ma se lo devo descrivere tutte le frasi mi restano impigliate lì, tra stomaco e gola. E ne vengono fuori soltanto concetti goffi e patetiche riflessioni che minuti dopo nemmeno ricordo più. Per fortuna.

Vabbè che non siamo tutti uguali. Però quando leggo certe cose VIVE mi viene la tristezza, di non saper parlare e pensare anche un po’ così. Per il fatto di non avere quella capacità analitica affilata come un bisturi, tagliente come una scheggia di ceramica. E di accontentarmi invece di questo giocare con le parole di gran lunga più tiepido e accomodante. Capace lo stesso di portarmi in giro chissà dove, è vero, ma inadeguato a squarciare, anche solo per un istante, il velo di Maya che ci fodera gli occhi e che ci nasconde il vero.
Peccato. Imparerò?

Il jolly è: conoscere i propri limiti

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16 Responses to Quello che non ho

  1. Nitro ha detto:

    Ecco…ho letto adesso il commento di Raffaella…è così ha ragione anche lei…vedi, siamo già in 2 a pensarla allo stesso modo e credo….molte e molti di più!

  2. Nitro ha detto:

    Mavalà che non hai nessun bisogno di essere come i sopra citati dissacranti, maleducati e truci scrittori (Bukowski poi, secondo me, era anche sporco e puzzava sempre!), che piacciono alla gente proprio perchè dicono le cose che la maggior parte di noi non è capace di cacciar fuori (me esclusa naturalmente che però dato che le dico solo e non le scrivo sono una merda per i più!!) ed invece, tutti abbiamo bisogno di specchi che riflettano anche il peggio che c’è dentro di noi. Già…perchè dentro di noi c’è proprio ma proprio tutto, a partire dalla santità per arrivare al più infame degli assassini, ma grazie a non so chi…si sta un po’ tutti nel mezzo, tendendo, chi più da una parte, chi più dall’altra. Appartenere come nel tuo caso ad una fascia di persone delicate (e un po’ svanite che secondo me aiuta ad avere pensieri e parole miti e garbate), oggi come oggi, dove la maleducazione impera, è una gran fortuna ( ce ne fossero!! E’ ciò che ho sempre augurato a me stessa, ma…niente da fare!). Hai tutto quello che ti serve, tu seduci con la grazia ed il garbo, dai nuova enfasi ai colori della natura ( che a volte sembra che stai chissà dove e sei solo alla Piagera! Per dire…), ad un respiro profondo fatto in prossimità di un gelsomino, tutte cose che la maggior parte del mondo preso nel meccanismo infernale del tempo che corre non ha più modo di vedere, sentire, ascoltare; penso che tu possa raccontargli quelle cose lì e poi…con il passare del tempo magari tutto cambierà, invecchiare ti farà scrivere di altre cose, ma non dire più che non hai capacità analitica perchè è una gran cavolata, solo che tu…analizzi altre cose, le tue cose, quelle che vivi tu!
    Un bacione grande
    P.S. Tanto lo so che volevi solo farti consolare un pò ma non credi veramente a quello che hai scritto sopra!

  3. Karen ha detto:

    Ma non è forse questo il bello delle persone? C’è un detto qui in Spagna, che io adoro, “para gustos hay colores” (che poi non è altro che il classico “de gustibus” ma è più carino). Al mondo siamo tutti diversi, con passioni, talenti e gusti differenti. Io e te siamo agli antipodi in quanto a scrittura, io sono una lama tagliente, forse troppo spesso polemica, mentre tu sei l’anima dolce e spensierata che trova una soluzione a tutto. Sarebbe bello essere un caleidoscopio di stili, ma in fondo ci sono gli altri per farti assaporare nuovi modi di espressione. Forse non scriverai mai di rabbia o di delusione, ma con i tuoi sogni sai arrivare al cuore di tutti noi che ti seguiamo, e questa è una cosa meravigliosa.

  4. Karen ha detto:

    Ma non è forse questo il bello delle persone? C’è un detto qui in Spagna che io adoro, “para gustos hay colores”, ovvero il classico “de gustibus” (solo che è più bello da dire^^). In fondo siamo tutti diversi, con abilità diverse e gusti diversi. Io e te ad esempio siamo agli antipodi in quanto a scrittura, io mi rispecchio molto in quello che tu dici di non saper fare, e io non sono in grado di esprimermi dolcemente come te. Eppure ci leggiamo sempre, perchè ci piacciamo. Sarebbe bello essere un caleidoscopio di stili, ma in fondo, ci sono gli altri per farti respirare modi diversi di esprimersi. Tu riesci ad arrivare al cuore delle persone, e questa è già una cosa bellissima.

  5. Alessandra ha detto:

    …pensa un pò che a me invece piace un sacco come scrivi tu e più di una volta mi fai scappare la lacrimuccia perchè hai una capacità innata di coinvolgere il lettore! Vabbeh in fondo il mio blog non è nato per scrivere ma per guardare…

  6. Annalisa ha detto:

    Mi piace quello che hai scritto, anche se non sei Bukowsky… e chi lo è, se non lui. Ognuno di noi ha il suo modo di esprimersi e non è detto che il suo fosse vincente, anzi. Anch’io cerco di scrivere i miei pensieri e a volte rileggendomi non sono pienamente soddisfatta perchè è difficile barcamenarsi tra educazione ricevuta, riservatezza, paura di offendere… Però in ogni caso serve. E secondo me continuando a scrivere si prende sempre più coraggio e le cose escono sempre meglio. Ciao

  7. La Rejna ha detto:

    “forse è un trucco per evitare l’incoerenza”.
    hai già vinto 😉

  8. raffaella ha detto:

    A me il tuo stile piace. Non sarà tagliente, ma non lo trovo per niente inadeguato. Sarà anche indulgente, incline al conforto, ma non è mai sciocco o scontato. Il dono di chiamere le cose con altri nomi, lo considero poi un dono vero e proprio. Smussare gli angoli, non urlare, dosare parole e sentimenti, trovo che siano pregi. Hai scelto uno stile, quello di favolando che parla un linguaggio pensato, dolce, senza perdere però il contato con la realtà e mitigarla, renderla meno feroce è qualcosa che non ha bisogno di essere insegnato. Tu lo possiedi e credo che non devi imparare nulla tranne quello che noi tutti dobbiamo, migliorarci per noi stessi. Le tue parole mi piacciono proprio perchè seducono senza stordire, con la grazia di chi è garbato e sa addolcire la vita.
    Io non cambierei, questo è il tuo punto di forza.
    Raffaella

  9. ero Lucy ha detto:

    Sono esattamente il tuo opposto, spesso non sono proprio capace di mettere la musica alta e lasciare i pensieri ingarbugliati, ho bisogno di buttarli giu’. Pero’ a me piace poter leggere tra le tue righe, intuire, sentire. Ciao Fioly.

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