Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

Fai orto della tua attenzione (istanti rubati a #febbraio2025)

On: 30 Giugno 2025
In: istanti rubati, la mia vita e io
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13 febbraio
“Scrivere è così” disse: “null’altro che rovinare le cose toccandole.”

Lo dice il protagonista del libro che sto leggendo (Illuminazione di Sarah Perry).
Quanto è vero, per me. Alle volte sembra tutto perfetto, prima di passare nell’imbuto del linguaggio. Questa Luna di Neve, ad esempio. Non è più bello immaginarla, che raccontarla?
Questa luna pallida che culla germogli di cose solo imbastite, inventate, non nate.
Che dice il freddo di una terra ancora dura ma già pronta a essere attraversata dalla vita nuova.
Quanto sono meglio i ricordi, prima del tritacarne delle parole. Quel pomeriggio a Venezia, la luce di fuliggine tra le lingue mobili della laguna.
Perché insistere, allora. Perché ostinarsi, imputarsi, un mulo che non sente ragioni e procede a testa bassa, nella ridda di segni contrari.
Chissà. Forse smetterò di farlo quando troverò risposta. Forse allora lascerò le cose intatte, pulite, al sicuro dal mio bisogno di capirle. Lascerò la neve immacolata, salva dall’offesa delle mie impronte.
E scoprirò che esistono altri modi di abitarmi, modi che le parole non mi aiutano a capire.
19 febbraio

A volte la vita ti scartavetra un po’.
Sarà per mandar via la ruggine da certi pensieri rimasti là, dimenticati, troppo in fondo, sepolti da strati e strati di pensieri più innocui.
A volte bisogna fare un respiro che scende fin dentro la pancia per restare ancorato qui, per non girare la testa e continuare a guardare quello che brucia.
La tentazione: accendere la TV,  rincoglionirsi di inutili chiacchiere, scrollare il telefonino – imbottirsi per bene di nulla.
Ma la vita, o chi per lei, ti richiama all’ordine. Con un pizzico, se ci stai attento, una cosa piccola. Una foto che non sapevi più di avere, una frase casuale al mattino in stazione – una ragazzina bionda, occhi bassi dietro gli occhiali, mani nelle tasche dei jeans bucherellati che dice alle amiche: hanno portato mamma in ospedale.
La vita, o chi per lei, è così che fa.
Ti dice Ehi, è qui che devi guardare. Penserai mica che il tuo cuore sia una vecchia motoretta da dimenticare in garage dietro agli scatoloni di roba che non serve più…
Portatelo in giro, il cuore, fagli sentire le buche e la salsedine in riva al mare e mandalo fuori giri, quando vale la pena. Ma non lasciarlo languire e coprirsi di polvere e riempirsi di umido e frasi fatte e sentimenti spuntati.
Portatelo a spasso per il mondo, che veda pure lui quello che c’è in giro. Pazienza se ogni tanto fa un po’ male. Pazienza se ogni tanto lo devi scartavetrare un po’.
30 febbraio

Fai orto della tua attenzione,
ristoro dell’ombra.
Irriga di luce gli interstizi del cuore,
(ogni crepa un sentiero)
e lascia sempre aperta e areata bene
dentro te
la stanza degli assenti.
28 febbraio

Venti anni che non sei qui, mamma.
Ho sempre avuto diffidenza verso i numeri, e loro verso di me. Ma questo 20 davvero non vuol dire niente. O forse intende cose diverse da quelle che suggerisce.
Ad esempio: due volte niente.
Vent’anni andati così, lo spazio di una porta che sbatte, di uno sternuto.
Ma anche: il tempo interminabile di due vite tutte intere. Forse di più.
Oppure, il due sta per le due te che da quel giorno frequento, la te andata via e la te che è rimasta con me.
La cosa più probabile, però, è che il due siamo noi due e zero è il grado di separazione. Tutto il resto -i giorni, le ore, i drammi, le notti, il dolore e la felicità- sono solo quisquilie, inutile rumore di fondo.
Quindi: eccoci, ma’. Siamo qui.
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