Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

Grazie maestra Lina

On: 15 Gennaio 2018
In: la mia vita e io, lettera
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cefalù
Il primo giorno di scuola abbiamo disegnato noi stessi e, per chi sapeva già farlo, scritto il nostro nome lì sopra, sulla prima pagina del quaderno. La mano tremava un po’.
In terza elementare la maestra ha detto a mia mamma È brava Fioly nei temi, usa già gli incisi.
In quarta elementare mi ha detto che le divisioni non erano proprio il mio forte. Era vero. Ricordo una classe vuota e io ancora inchiodata al banco, e la prova del nove che non tornava mai – la prova del nove è una croce, e non solo graficamente parlando.
Aveva ragione, non erano proprio il mio forte le divisioni. Mi ha anche detto però che potevo imparare, solo stare tranquilla, solo non perdere speranza e pazienza quando la classe si svuota e io ancora al banco. Se vuoi ci riesci, stai sicura, mi ha detto.
Un giorno di terza elementare mi ha chiamata alla cattedra, mi ha fatta sedere un momento vicino a lei, davanti alla finestra. C’era una luce forte, ricordo. La mamma le aveva appena detto che aspettava un bambino. Non so più cosa mi abbia spiegato esattamente quel giorno, sul fatto di avere un fratellino o una sorellina, sulla ricchezza che questo avrebbe regalato alla mia vita. Ma so che me ne sono tornata al posto confortata -era una notizia bella, certo, ma un po’ metteva i brividi, vista da lì- confortata e persino orgogliosa perché stavo per diventare Sorella Maggiore.
Una dozzina di anni fa la ho incontrata per strada in paese, la mia maestra delle elementari. Mi ha chiesto di mamma che era in ospedale. Non stava proprio per niente bene, mamma, a quel punto. Mi sono venute in mente, chissà perché, decine di immagini – il primo giorno di scuola, la volta che mia madre mi ha detto brava, sono belli i tuoi temi, lo dice anche la maestra, la volta che è venuta in classe per dire che sarebbe arrivato un fratellino – che poi è stata una sorellina. Ho rivisto tutto e non ho potuto evitare di scoppiare in lacrime.
La maestra mi ha abbracciata e ha detto Non devi piangere, devi essere forte. Se vuoi ce la fai.
Era molto più difficile che stare in una classe vuota con la prova del nove che non torna. Infinitamente, più difficile. Ma era l’unica cosa da fare.
Ho capito che una persona ti ha lasciato molto se ti ha lasciato un insegnamento piccolo che si può replicare in grande.
 
Ora che se ne è andata anche lei, penso all’unica cosa che si possa fare, in questo riadattamento infinito ai vuoti e ai pieni della nostra esistenza: ripeterci che possiamo farcela.
Se lo scrivessi sul quaderno adesso, la mano tremerebbe un po’: Ciao maestra Lina, e grazie.
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