Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

Durante una cena, la fine di un amore

On: 23 Giugno 2014
In: il progetto
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questo_restaAnche se non ne parlo da un po’, il Progetto è vivo e vegeto e non demorde.
Eccone uno stralcio, se vi va. Durante una cena, la fine di un amore. Un amore lungo e consumato, ma radicato in fondo.

 

Quando ci siamo accorti che il cd in sottofondo era ricominciato per la seconda volta e che avevamo già speso tutte le frasi fatte e i luoghi comuni sul tempo e le stagioni, Tancredi ha fatto la domanda che avrebbe dato la svolta: Che ne dici di accendere la tv?
Tancredi significa buon consigliere e quella volta mi aveva davvero regalato, a sua insaputa, lo spunto definitivo.
Insieme all’interruttore del televisore si è accesa nella mia testa la luce. Sono rimasta un po’ così, con i risultati sportivi in sottofondo e il ticchettio delle forchette amplificato dai nostri silenzi, e poi l’ho detto: “Tancredi, tra noi è finita”.


Mi ha guardata come se mi vedesse per la prima volta, la posata bloccata tra la bocca e il piatto. “Scusa?”
“Lo sai bene anche tu, non ha più senso stare insieme”. Nel pronunciarla, mi sono resa conto che quella frase stava lì in un angolo del mio cervello da molto tempo.
Non che non sia stato doloroso. È stato come tagliare il ponte che mi legava alla mia vita di ragazza spensierata, ancora un volta. Come fare un falò di tutte le ore sul ponte di un caicco che attraversa i mari greci, i pomeriggi in giro con la moto per le colline sopra Torino, le serate sul divano abbracciati, gli scatti controluce di un’Anita graziosa con vent’anni e la frangia color miele. Le notti spese ad amarci in quella stanza con il palchetto di mogano.
Questo resta: un palpito inesatto, un ritaglio controverso – troppa luce o troppo poca, nelle fotografie sul tavolo – una pellicola ripulita da tutte la pause e i silenzi ingombranti.

Lui si è alzato in piedi. Vagava per la stanza, forse per trasformare queste immagini in movimento in qualche cosa che avesse un senso, dentro la camera oscura che sta nella sua testa: meno sfumature cupe, più luce naturale, diminuire il contrasto tra la felicità di un tempo e questi minuti vomitati qui, come dopo una sbornia triste.
“È meglio così, lasciamoci adesso, da buoni amici, prima di farci del male. Io ti amo in qualche modo, Tancredi, ma non è il tipo di amore che può darci ancora qualcosa. Anche tu mi vuoi bene, lo so. Ma non basta per rimanere insieme. Non esiste un Noi adesso. Solo due Io confusi e sbriciolati, da ricostruire, ognuno per la sua strada.”
“Ma parlavamo di matrimonio, Anita, di figli, ricordi? Potremmo provarci, fare un tentativo ancora…”
“Ne abbiamo fatti mille, di tentativi, senza confessarcelo. Ci siamo allontanati lentamente, ma inesorabilmente, lo hai visto anche tu. Non abbiamo più nulla da dirci, troviamo scuse per vederci il meno possibile, anche fare l’amore è diventata una cosa meccanica. Non è colpa di nessuno, o di entrambi, non so. Ma è andata così. Se ci fermiamo qui possiamo salvare il bello che abbiamo vissuto insieme e conservarlo per sempre.”
Spartirsi le colpe come buoni vicini di casa dopo una lite: ecco la ricetta di un addio tra persone mature.

Intanto pensavo Ti ho amato come si ama la mano che ci salva dal niente. Ti ho amato come solo può fare chi non ha pace su questa terra, come se oltre te non esistesse che il buio e l’ora del lupo.
Pensavo Anita, lascia che la tua barca affondi se deve, basta resistere alla corrente, hai sprecato tutte le energie, lasciati trasportare alla deriva, ingoia il sale, non pretendere più di avere il controllo su tutto. Prendi fiato e dopo immergiti e dopo sputa, affanculo, sputa!
Vedrai che alla fine impari a nuotare, magari una zattera di passaggio ti darà una mano, vedrai che se non muori sopravvivi, e tocchi terra. Sarà forse vegetazione nuova e linfa vitale, animali mai visti, un vino mai assaggiato e che fa danzare i sensi. Vedrai, dopo il sale sarà il nettare. Ma devi conservare il fiato. Lascia che tutto si svolga. E dopo l’amaro dell’acqua sarà il dolce del vino.

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