Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

Le scelte estreme di uno scrittore di strada

On: 26 Aprile 2013
In: ospiti
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(fanculopensiero) copertinaE si chiese se l’uomo infine risolva qualche cosa,
o siamo solamente qui
per l’equilibrio delle stelle.

A voi capita mai?
Intendo l’irrefrenabile desiderio di aprire la porta dell’ufficio, durante una giornata di lavoro più pesante del solito, e richiuderla sonoramente alle vostre spalle senza pensare alle conseguenze.

A me ogni tanto succede, ed era proprio in una giornata di quelle che mi sono imbattuta nel romanzo di Maksim Cristan: (Fanculopensiero).  Arrivata in anticipo in stazione, sono entrata alla Feltrinelli e un libro sullo scaffale mi ha chiamata e mi è saltato in borsa (dopo essere passata alla casa, ovviamente, non è un inno alla cleptomania). Sarà stato per i titolo quanto mai esplicito, o per la frase sulla quarta di copertina:
Ora fermatevi, smettete per un attimo di fare  quello che state facendo, appoggiate per terra questo libro e chiedetevi: “Cos’è che in questo momento vorrei fare più di ogni altra cosa?”.
E fatelo.

E la lettura non mi ha delusa, non tanto per lo lo stile o la storia in sé (comunque avvincente) ma per l’idea di fondo. L’autore è un manager ricco e affermato che, in un punto qualunque della sua esistenza, decide di mollare tutto, colto da un qualche raptus di follia, e seguendo un istinto inspiegabile e misterioso, arriva a Milano e comincia a fare vita di strada. Anche se sono ben poche le persone che scelgono di fare i senza tetto, ecco un’eccezione che conferma la regola.

Tolto che la scelta di installarsi in una piazza milanese, mi lascia piuttosto basita: con tutti i posti nel mondo proprio la fredda città della Madunina.  Ma la mia perplessità deriva senz’altro anche dalla scarsa compatibilità della mia natura con un habitat metropolitano.  Ciò che mi ha colpito è il salto nel buio, da una vita certamente stressante ma piena di comfort a una in cui si deve combattere per soddisfare i propri bisogni quotidiani: fame, freddo, sonno. Una lotta per la vita, una sfida perenne. Stando a quello che l’autore ci racconta, una sfida che quasi sempre lo rende felice e appagato.

 

Come ho potuto perdermi quest’alba in tutti questi anni? In nome di quali illusioni, sogni o idee?

 

La carrellata di personaggi che descrive sono esilaranti come le disavventure che lo coinvolgono, al limite del surreale. È un libro strano, controverso, che racconta uno spaccato di realtà generalmente invisibile agli occhi di chi conduce una vita diurna e regolare.
Da leggere, per riflettere su un mondo sommerso che certamente stupisce. Un mondo in cui l’ex manager affermato pare aver trovato la libertà, o qualcosa che gli somiglia, in un’esistenza di espedienti, da vivere alla come-viene.

 

Inoltre, Maksim si inventa un lavoro: lo scrittore di strada. È una tale passione la sua che possa le giornate e le notti a studiare la lingua italiana, a leggere e a scrivere.
Per me, aspirante romanziera della domenica, una bella lezione di vita.

 

Passi con la mano su un foglio bianco e subito vi appaiono mondi, pozzanghere, uomini che rincorrono il proprio cappello rapito dal vento, ogni cosa prende vita senza nemmeno pronunciare un verso.

 

Il jolly è: accogliere punti di vista diversi e scelte controcorrente (difficilmente comprensibili) senza pregiudizi.

 

Altri preziosi suggerimenti letterari al Venerdì del Libro di Homemademamma

NB Gli interessati alla versione cartacea de “Il sogno di Giovanni” di Maurizio Gomboli, di cui si era parlato qui, può ora trovarla qui. Buona lettura!
 

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11 Responses to Le scelte estreme di uno scrittore di strada

  1. […] (naturalmente, c’è ANCHE chi lo sceglie; per esempio Maksim Cristan) […]

  2. matteo ha detto:

    Ho semplicemente aggiunto il tuo feed all’RSS Reader… continuo a seguirvi, Grazie!

  3. stefy23 ha detto:

    prima di tutto… amica virtuale telepatica, oggi stavo proprio pensando alla stessa cosa, pensando di scriverci un pezzo su…separate alla nascita, già detto! io credo che certe scelte estreme inevitabilmente ci spaventino e ci lascino perplesse, io come te non avrei scelto la vita di strada, non avrei scelto Milano (che mi mette tristezza), non avrei scelto il grigio delle metropoli. considerando una scelta drastica come l’opposto di ciò che ho fatto fino al giorno prima, opterei per una vita più campestre, oppure metropolitana ma alterata pesantemente da ritmi tutti miei e di nessun altro. un lavoro nuovo, un modo nuovo di concepire le giornate, le ore. Credo che quello che c’è di affascinante ma anche di – passami il termine – scontato (in senso buono!) in letture come queste, è che capiamo due cose: che viviamo molto spesso più di doveri che di reali desideri/esigenze/aspirazioni e che forse esiste davvero per ognuno di noi un mondo alternativo che ci può rendere sereni, completi e a contatto col nostro essere più profondo. Ammiro chi ha il coraggio di fare scelte drastiche, a prescindere dalla sostanza stessa della scelta perché non siamo nessuno per giudicare gli altri, perchè forse è proprio vero che dovremmo essere il centro del nostro unico e personalissimo universo. Bel pezzo, as usual. Bravissimissima.

    • Fioly ha detto:

      sì, hai ragione, la cosa evidente è che siamo in troppi imbrigliati dentro vite che ci vanno strette, malcucite addosso. poi ci sono mille modi per cambiare, molto molto più soft. ma mi è piaciuto leggete questo romanzo perché comunque fa passare l’idea che volere è potere.
      (la nostra telepatia è una cosa bellissima! grazie :))

  4. Marzia ha detto:

    Ultimamente mi capita speso di sentire l’impulso di sbattere porte! Però, ecco, magari la vita di strada non mi attira 😉
    Il romanzo sembra interessante, mi segno il titolo, grazie.

  5. Aliceland ha detto:

    Caspita! Non riesco proprio a concepire una scelta del genere, se dovessi mollare tutto lo farei in modo del tutto diverso, ad esempio scegliendo di andare a vivere in montagna a contatto con la natura…la natura umana non mi piace molto. Ma il mondo è bello perché è vario!

  6. sandra ha detto:

    praticamente ogni giorno o quasi vorrei andarmene dall’ufficio sbattendo la porta, ah se lo vorrei fare.
    bacio

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